
Quando siamo senza lavoro, soprattutto per un lungo periodo, normalmente ci attiviamo e cominciamo a cercarne uno. Di tanto in tanto abbiamo le idee chiare, competenze immediatamente spendibili, obiettivi definiti, ma il più delle volte non sappiamo né cosa fare, né come cercare.
È a questo punto che entra in gioco quel sistema di orientamento che spesso è gestito dagli organi ufficiali e competenti, cioè i centri per l’impiego. Partecipare a incontri informativi, iscriversi a progetti specifici e consultare regolarmente i loro canali di comunicazione (siti internet, chat WhatsApp, mailing list) ci fa sentire attive nella ricerca, fedeli alle regole, propositive a qualunque iniziativa in grado d’indicarci l’uscita dalla stanza buia e desolata che è la disoccupazione — o inoccupazione, come dir si voglia.
Se siamo alla prima esperienza ci lasciamo guidare, convinte che non ci sia modo migliore per ricominciare a lavorare di quello che appartiene allo stesso grande universo che ci ha condotto alla nostra attuale situazione. Può addirittura capitare che la ricerca fondata sui loro consigli rappresenti per noi e per chi ci sta vicino una specie di lavoro:
«Cosa fai in questo momento?»
«Cerco lavoro.»
Sembrerebbe un ragionamento ingenuo, ma in verità si tratta di una questione importante ed estremamente rilevante per tutte quelle persone che hanno realmente bisogno di un lavoro.
Consigli sì o consigli no? Consigli nì! È la migliore risposta che trovo per non affondare completamente questa forma discutibile di assistenza. Ma veniamo ai perché.
Prima di tutto, chi ha già vissuto un’esperienza analoga, dovrà farsi una semplice domanda:
«Come mi sono sentita dopo?»
Dopo che abbiamo consultato, concentrandoci come neanche alla lettura delle tracce del tema durante l’esame di stato avevamo fatto, o ci siamo trattenute dieci sbadigli per tutta l’ora in presenza all’incontro orientativo, insomma, subito dopo, che cosa abbiamo provato? Eravamo più serene di quando siamo entrate, oppure non vedevamo l’ora di riprendere le tante odiate faccende quotidiane?
Magari abbiamo telefonato a quell’amica che ci chiama sempre al momento sbagliato e ci sfinisce raccontando i suoi problemi e dimenticando sempre di chiederci “come va?”.
Nel caso di una “prima volta”, potremmo esserci sentite meglio, rassicurate nel vedere tante altre donne, addirittura più vecchie di noi, condividere una situazione analoga.
Per me che sono una veterana di questo tipo di situazioni, non esistono bei ricordi. Ho soltanto memoria della desolazione che, subito dopo, mi esplodeva dentro. Eppure, se si trattasse unicamente di questo, non sarebbe di certo la fine del mondo. Il vero problema sta che spesso — non sempre — la conseguenza di tutto ciò è che il nostro obiettivo, si allontana ancora di più. Le serate sono scandite dallo scrollare offerte di lavoro. La pausa pranzo, la colazione, il tragitto in bus, anche loro diventano tempo utile per navigare e inviare email di autocandidature. Ci sta, in effetti, ma per un brevissimo periodo altrimenti i guai, invece di diminuire, aumenteranno!
L’unica via d’uscita, sta nel “filtrare”, così da discernere le informazioni che ci arrivano e i contesti in cui avvengono. Non è tutto male e inutile, ma neanche tutto giusto e adeguato perché, in fin dei conti, è estremamente difficile applicare un metodo alla ricerca di lavoro, tale da definirsi universalmente valido. Non c’è spazio per appisolarsi, per fingere interesse per qualcosa che non convince, anche se forse è più comodo: chi ci sta accanto ci vedrà affacendate e dedite a una ricerca che potrebbe condurre esclusivamente ad altra ricerca…
Meglio cominciare da noi stesse, dapprima ascoltandoci e rispettando i silenzi, poi rassicurando le paure, i dubbi e quel senso di inadeguatezza che fa tremare le gambe quando dobbiamo scegliere sul serio. Prendersi cura di noi stesse significa anche proteggersi dalle situazioni che ci rendono ancora più insicure e timorose. Un passo verso gli altri e due passi verso di noi, finché non saremo abbastanza sicure di ciò che vogliamo da non avere più bisogno di quei due passi.
Prima si sceglie la meta, poi si trova la tariffa più conveniente e infine si acquista il biglietto. Solo dopo prepareremo i bagagli e infine partiremo.
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