
E SE LA CURA FOSSE IL LAVORO?
Lavorare in maniera stabile e soddisfacente è oramai un lusso, ma per una donna, ha tutta l’aria di essere una vera e propria sventura. Se si aggiunge il fattore età, la maternità e una disponibilità non sempre puntuale, è comprensibile che, rinunciarci del tutto, possa essere la decisione più conveniente.
Lavorare comporta una serie di costi che influenzano buona parte della nostra vita. Oltre alle uscite ordinarie: spostarsi da casa, retribuire chi si fa carico — durante la nostra assenza — dell’organizzazione familiare, incrementare il budget per la spesa degli alimenti ( acquistare un cibo precotto può arrivare a costare circa il quintuplo rispetto a prepararselo da sé ), reperire abiti decenti, fare un salto dal parrucchiere, ecc. c’è un prezzo salato e non quantificabile che interessa il benessere psicofisico.
Quest’ultimo aspetto è direttamente legato al primo. È consuetudine, infatti, rivolgersi a medici, specialisti e farmacisti per rimediare, o semplicemente alleviare, i sintomi del malessere che spesso nasce dall’insoddisfazione.
Lavoro e non lavoro sono soluzioni opposte che tuttavia convergono, per molte donne, al medesimo epilogo: sacrificarsi e rinunciare alle proprie aspirazioni. È spirito di adattamento oppure indolenza? Ingenuità, immaturità o l’esatto contrario? È ragionevole che una donna adulta scelga di perseguire i suoi obiettivi e sbarazzarsi di quel cassetto strapieno di sogni e rimpianti? La risposta è che non soltanto è legittimo, ma doveroso nei confronti di noi stesse. Ci meritiamo di essere felici e di piacerci ogni volta che ci guardiamo allo specchio. Al di là delle rughe, della pelle non più tonica e degli occhi arrossati dal sonno, è possibile non solo apprezzarsi, ma anche nutrire ammirazione e stima per la donna tenace riflessa nello specchio.
Se è il mercato del lavoro a decidere “chi fa cosa”, possiamo uscire da casa e correre alla farmacia più vicina per comprare una scatola di melatonina o un qualsiasi antiacido che allevi i bruciori di stomaco. Eppure basterebbe cambiare punto di vista e chiederci per quale professione siamo disposte a metterci realmente in gioco così da spodestare una volta per tutte quell’immeritato vincitore dal podio. Cominciare una gara all’insegna della lealtà e delle reali capacità possedute è un’opzione quantomeno allettante!
Nulla è semplice e neppure scontato, ma disporre di un’alternativa alla desolante situazione che si prospetta nella ricerca di un lavoro qualunque, è certamente la scelta migliore e quella con maggiore probabilità di riuscita. Rivolgersi le giuste domande, far rifornimento di riflessioni costruttive, equipaggiarsi adeguatamente e avere tanta fiducia in sé, è il lavoro più urgente da fare.
A volte la soluzione più difficile è quella con maggiore probabilità di riuscita.
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